Questo post nasce da una serie di riflessioni scaturite dal post di Gianpaolo Franco dal titolo “L’informativa: un diritto dell’interessato, non burocrazia” (2 Marzo 2017)”
Linguaggio semplice e comprensivo, icone standard, la privacy non più vista solo come adempimento burocratico saranno certo un occasione e un valido contributo per accrescere la reale consapevolezza di chi presta il proprio consenso.
Ma partendo dalle giuste considerazioni fatte sulla possibilità di fruire di un servizio in cambio della concessione all’utilizzo dei propri dati, fatte nel commento di Silvia Stefanelli (commento del 4 marzo 2017), vorrei provare a fare alcune riflessioni sugli aspetti etici e socio culturali, inerenti a questioni di Privacy, ma legate alle tematiche relative alla profilazione cross device, al Real Time Continuos Profiling Marketing, agli Healthcare Wearable Devices e agli IoT in genere. Da qui e dai social media, il Digital Marketing attinge e attingerà sempre più a piene mani, avendo principalmente come target i Millennials. Forse ancora troppo pochi (Centennials e Baby Boomers compresi) sono gli Interessati che sanno cosa realmente implichi in alcuni casi prestare il proprio consenso per questo tipo di trattamenti, per non parlare delle potenzialità evolutive di un domani ormai molto vicino e che tende sempre più alla convergenza multicanale e alla ‘superprofilazione’.
Una questione culturale in quanto questo tipo di servizi, in particolare quelli di geo-localizzazione, sono ben tollerati in Italia, ma non è certo così in altri paesi nord europei dove la geo-localizzazione è avvertita come un intrusione poco accettabile nella propria sfera personale. Perché questo diverso ‘sentire’? Forse per differenze culturali, forse per un differente grado di conoscenza e consapevolezza, ma forse anche per altre concause.
Ritengo si tratti anche di una questione etica perché chi basa il proprio core business su queste modalità di profilazione potrebbe avvertire come un freno alla potenziale crescita del proprio business aziendale la reale consapevolezza individuale e sociale. Anche per questo, qualcuno potrebbe cedere alla tentazione di utilizzare prassi informative border-line.
Chi utilizza da tempo un servizio e-mail o altro, difficilmente rileggerà le informazioni sul trattamento quando queste a distanza di mesi cambieranno e gli sarà chiesto di doverle accettare per poter continuare ad utilizzare il servizio. Qui si potrebbe annidare un problema etico e di consapevolezza del’interessato.
Quindi, dando anche per superata la questione etica, il Titolare del trattamento “Informa” si a norma di legge l’Interessato mettendogli a disposizione la possibilità di fruire di tutte le informazioni necessarie; ma troppo spesso l’Interessato, comune cittadino, non le legge o non ne comprende appieno le reali implicazioni.
Ben vengano le icone standard con anche approfondimenti multilivello che utilizzano linguaggio chiaro e semplice, ma agli Interessati resta l’onere di volerle conoscere e comprendere prima di prestare il proprio consenso.
Grazie, trovo molto interessante il punto di vista espresso nel post. Resta però il fatto che, l’informativa privacy, non riesca ancora ad essere efficace come dovrebbe. Il contesto tecnologico, inoltre, non aiuta sicuramente.
ciao,
faccio anch’io un commento (e ringrazio di essere stata citata)
tutto vero (che l’interessato non legge)
sta di fatto che oggi lo sforzo richiesto è di metterlo sempre più nelle “condizioni” di leggere e capire con facilità ed esattezza. Senza sforzo o con il minor sforzo possibile
se poi non lo fa, è un problema suo…
due considerazioni ulteriori sul tema :
1) quando ho scritto quel post ho pensato che forse ero stata un po’ provocatoria
in realtà, la settimana scorsa, mentre mi preparavo ad un convegno sulla gestione del dato nella sperimentazione ho trovato lo stesso concetto espresso nel Parere WP 29 sull’interesse legittimo ( al punto III.3.5. Responsabilità e trasparenza)
si dice proprio che gli utenti dovrebbero essere avvertiti del fatto che stanno pagando con i loro dati
2) ho passato due giorni a Torino al Feestival della democrazia
interessantissimo
ho seguito l’intervento di Francesca Bria, italiana, assessore all’innovazione tecnologica di Barcellona
il tema era: come la pubblica amministrazione DEVE usare i dati di cittadini per migliorare i servizi
e come il cittadino DEVE SAPERE che i suoi dati possono essere di grande importanza per la comunità
il dato come BENE COMUNE
una prospettiva completamente nuova
ho scritto un post sul tema sul mio sito
http://www.studiolegalestefanelli.it/it/articoli-legali/tecnologia-welfare-e-dati-comuni-festival-della-democrazia-di-torino
saluti a tutti