Qualche giorno fa al Politecnico di Milano presso l’aula magna Carassa – Dadda, Campus Bovisa, alla presenza di quasi 450 persone si è tenuto un convegno estremamente interessante durante il quale è emerso, seppur in termini incidentali rispetto ai temi principali sui quale la giornata di formazione verteva, un piccolo dibattito sul diritto all’oblio e sulla sua utilità/attuabilità – per una puntuale sintesi della giornata confrontare post dott. Calvi -.
Mi collego, quindi, a quanto accennato e ricordo che l’istituto, presente nel nuovo regolamento europeo, è disciplinato sub. art 17 GDPR (al quale rimando) ed ha come presupposto tipico il fatto che spesso i cittadini lamentino la lesione del proprio diritto alla protezione dei dati personali derivante -più che dalla pubblicazione di una notizia (in molti casi di per sé lecita come diritto di cronaca) dalla sua permanenza indefinita su internet e dalla conseguente diffusione.
Casi eclatanti di rilevanza internazionale come: “Google Spain”, “Google France” o anche altri, più legati al nostro territorio come da ultimi: Cass. civ. Sez. III, 05-04-2012, n. 5525; Cassazione sentenza n. 13161/2016; Tribunale, Roma, sez. I, sentenza 03/12/2015 n° 23771; Tribunale di Milano sent. n. 5820/2013, pubblicata il 26.4.2013 – hanno avuto il pregio di portare alla ribalta il problema e, anche grazie ai media, questi fatti, strillati e rimbalzati da una testata giornalistica all’altra hanno con molta probabilità contribuito all’inserimento dell’istituto all’interno dell’attuale normativa privacy.
Già dalla sola lettura delle sentenze sopra riportate e dai fatti in esse contenuti si comprende come la questione a livello giuridico sia molto più complessa di quello che a primo acchito potrebbe sembrare. In Italia, volendo semplificare al massimo ed in estrema sintesi, si potrebbe dire che salvo eccezioni (ovverosia: (1) fatti talmente gravi per i quali l’interesse pubblico alla loro riproposizione non viene mai meno -ad es. crimini contro l’umanità; (2) Riproposizione-rievocazione del fatto medesimo; (3) Riapertura del caso; (4) Riproposizione di casi irrisolti o comunque misteriosi; (5) Ruolo ricoperto dalla persona; (6) Vittima), vige il principio in base al quale riproporre una notizia ampiamente acquisita risulterebbe inutile per la collettività e dannoso per l’interessato perché la sua reputazione subirebbe un’ulteriore lesione … da qui il diritto all’oblio, a non esser più ricordato … con il trascorrere del tempo il fatto cessa di essere oggetto di cronaca per riacquisire l’originaria natura di fatto privato. Quando il pubblico è stato ampiamente informato del fatto e con completezza, cessa l’interesse collettivo e si ha per acquisito il fatto stesso. Non vi è più una notizia. Riproporre l’accadimento sarebbe inutile, poiché verrebbe meno un reale interesse della collettività, i dati trattati risulterebbero quindi inadeguati, non più pertinenti ovvero eccessivi in rapporto alle finalità per le quali sono stati trattati, anche in considerazione del tempo trascorso.
Caratteristica di questo istituto è che sottende un problema avvertito in modo NON unanime nei vari Paesi Europei ed extrae-europei proprio perché è strettamente collegato all’uomo, ai suoi usi e costumi, alla sua cultura etc; addirittura oltre oceano una parte minoritaria di alcuni critici offrono una lettura seconda la quale “il diritto all’oblio” andrebbe contro la Costituzione degli Stati Uniti d’America in quanto potrebbe arrivare a configurare una forma indiretta di censura (si veda l’articolo “Why Journalists Shouldn’t Fear Europe’s ‘Right to be Forgotten’“).
Quindi, alla luce di quanto detto ut supra appare legittimo porsi delle domande sull’utilità dell’istituto anche in relazione alla reale possibilità di tutela tecnica dipendente dalla fattibilità informatica.
Non c’è dubbio che strutturalmente il diritto all’oblio ben s’inserisce come supporto nella visione che l’ordinamento italiano ha della funzione della pena: funzione non punitiva ma rieducativa e mirante al reinserimento sociale del reo. Quindi, il fatto di avere la possibilità di venire “dimenticato” rappresenta un corollario che permette al reo una maggior possibilità, una volta scontata la pena (!), di venir reinserito nel contesto sociale.
Ma non solo: tralasciando i riferimenti con il diritto penale italiano ed avendo riguardo esclusivamente al GDPR a parere della scrivente (europea, italiana!) il diritto all’oblio rappresenta un esempio tipico di come il diritto sia utile per completare e tutelare un’esigenza dell’uomo legata ai suoi dati personali e risulta proprio attraverso disposizioni come questa che i membri del Parlamento Europeo e del Consiglio riescono a rendere più reale e concreta l’intenzione espressa nel “considerando” del GDPR e cioè quella di emanare un Regolamento in tema di privacy che omogeneizzi e modernizzi la normativa e la renda maggiormente utile nella vita di tutti i giorni.
Avv. Laura Marretta